C'erano giudici, pubblici ministeri, avvocati e persino imputati, ma nessun processo di mafia si è svolto tra le gabbie dell'aula bunker del carcere Ucciardone: sulla scena c'era invece la riscrittura teatrale del processo di Norimberga, che 60 anni fa condannò i gerarchi nazisti.
Con la regia di Luigi Di Majo e l'organizzazione dall'istituto Gramsci siciliano, lo spettacolo è andato i scena nel pomeriggio nell'aula del vecchio carcere borbonico, vent'anni fa si è celebrato il primo maxiprocesso alla mafia. I protagonisti dello spettacolo nella vita non fanno gli attori ma gli uomini di legge. Se è vero, come dice lo scrittore Ivo Andric che "i morti non parlano, i sopravvissuti ammutoliscono e per questo le tragedie si ripetono", lo spettacolo di stasera ha dato l'impressione opposta: che la memoria non tace.
"Il processo di Norinberga - ha detto l'ex senatore Ds Michele Figurelli, intervenuto alla tavola rotonda che ha seguito la rappresentazione - segna un momento storico: per la prima volta i massimi esponenti di una nazione sconfitta venivano giudicati da un tribunale universalmente riconosciuto".
La scelta dei brani non ha però tralasciato la triste verità che a scrivere la storia e a giudicare gli eventi sono sempre i vincitori, sottrati alla condanna di crimini compiuti in guerra. "La bomba atomica su Nagasaki e Hiroshima, ma anche le atrocità dell'esercito inglese a Dresda - continua Figurelli - non sono mai state pronunciate in un processo, come capi d'accusa per gli alleati. Tutt'ora, nonostante l'Onu e la dichiarazione dei diritti fondamentali dell'uomo molte cose stentano a cambiare".
"Non ci dobbiamo dimenticare però - ha detto Vittorio Borraccetti, procuratore della Repubblica di Venezia e già procuratore aggiunto del Dna - che da Norimberga emerge l'aspirazione ad affermare il primato del diritto umano sul potere sovrano di qualsiasi stato. Il patriottismo non è preminente rispetto ai diritti fondamentali".
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